TARANTO - Prima le minacce e poi l’incendio: la “faida familiare” tra le agenzie funebri dei fratelli Turbato!

Una “faida familiare”
l'hanno definita gli investigatori della Squadra mobile che hanno indagato
sulla battaglia intestina alla famiglia Turbato che a marzo 2022 portò la paura
in via Japigia quando il portone di una delle agenzie funebri del gruppo fu
date alle fiamme in pieno giorno.
Un episodio da cui sono partite le indagini dei poliziotti, diretti
all'epoca dal vice questore Fulvio Manco, e che portò rapidamente alla
ricostruzione di quanto accaduto nonostante il silenzio e le omissioni.
Tutto cominciò alle 14.50 in via Japigia a Taranto quando un uomo col
volto nascosto dal casco arrivò davanti al porta dell'agenzia funebri e svuotò
circa un litro di liquido infiammabile, lanciò un fiammifero facendo
sprigionare delle fiamme che avvolsero in pochissimi secondi l'ingresso del
locale: dall'altra parte della porta in metallico, a pochi metri dalle fiamme
si trovavano diverse bare di legno che se fossero state raggiunte dal fuoco
avrebbero generato un vero e proprio disastro mettendo a rischio anche la vita
di coloro che abitano nei piani superiori dello stabile.
Gli agenti della
squadra Volante arrivarono poco dopo sul posto e contattarono i proprietari che
tuttavia non seppero offrire informazioni utili alle indagini.
Il pubblico
ministero Francesco Ciardo che coordinò il lavoro degli investigatori decise
allora di mettere sotto controllo
proprio i telefoni delle vittime per comprendere se vi fossero notizie
che erano state nascoste agli inquirenti: le attività di ascolto delle
telefonate consentirono di trovare conferme a quei sospetti in tempi molto
rapidi.
Le conversazioni dei fratelli Antonio ed Egidio Turbato con altri
interlocutori, infatti, consentirono di accertare che si era aperto uno scontro
con un terzo fratello Claudio: quest'ultimo che lavorava con i figli in uno degli
esercizi riconducibili ai fratelli era stato licenziato, probabilmente, a a
causa degli scarsi risultati ottenuti.
Un atto che aveva non solo creato
dissidi, ma che aveva portato a vere e proprie minacce: secondo i racconti dei
fratelli, ignari di essere ascoltati dalla polizia, Claudio avrebbe anche
minacciato di far ricorso alle armi e sparare.
Un'escalation che avrebbe
dovuto, secondo le mire dell'autore, costringere i fratelli ad assumerlo
nuovamente.
Intanto le indagini dei poliziotti si erano sviluppate anche su un altro
fronte: la raccolta delle immagini di video sorveglianza di quella giornata che
non solo avevano permesso di ricostruire ogni singolo movimento del piromane
col casco, ma seguendo le strade percorse avevano persino offerto la possibilità
di arrivare fino al punto in cui l'uomo si toglieva il casco e mostrava il suo
volto involontariamente ai tanti obiettivi sparsi per la città.
Il
riconoscimento per gli inquirenti è stato immediato: quell'uomo sullo scooter
che ha incendiato la porta d'ingresso dell'esercizio è proprio Claudio Turbato.
Il pm Ciardo una volta chiuse le indagini ha chiesto il rinvio a
giudizio nei confronti del 43enne Claudio Turbato: le ipotesi di reato nei suoi
confronti sono di incendio ed estorsione.
Negli atti dell'inchiesta si legge
che «cospargendo di liquido infiammabile la porta d'ingresso della sede
dell'impresa di onoranze funebri, appiccandovi il fuoco e minacciando Turbato
Egidio che lo avrebbe fatto sparare, costringeva quest'ultimo a riassumerlo ».